Dopo aver affrontato, nel suo primo romanzo Lo sconosciuto, il tema della violenza sulle donne, Elena Cerutti – medico internista e scrittrice – torna a scrivere un testo altrettanto coraggioso: Il cappello di Mendel in cui tratta argomenti forti come la malattia, la morte, le incomprensioni familiari.
Giulia è una cinquantenne inquieta, divorziata e con un recente nuovo fallimento sentimentale.
Anche con i propri figli, ormai studenti universitari, ha un rapporto difficile. Solo nel lavoro, è un medico in un grande ospedale torinese, trova le proprie soddisfazioni. Ma, per il resto, si sente una donna frustrata e irrealizzata. Quando il suo primario le offre la possibilità di trasferirsi all’estero, per seguire un progetto di ricerca internazionale, a Giulia pare che il destino le apra una nuova ed eccezionale opportunità per tagliare i ponti con il passato e iniziare una nuova vita. Accetta volentieri e si trasferisce a Londra in una sorta di fuga dal proprio destino. Ma la parentesi nella City dura ben poco. Come se proprio quel destino beffardo e cattivo, da cui aveva tentato di allontanarsi, le imponesse un copione già prestabilito.
Una malattia le impedirà di proseguire la sua esperienza londinese costringendola a un prematuro ritorno e a un confronto al quale aveva tentato invano di fuggire.
Il romanzo si trasforma così in una vera e propria saga familiare in cui vengono affrontate le dinamiche relazionali tra genitori e figli su più livelli, tracciando un percorso transgenerazionale.
Le vicende dei propri antenati portano Giulia a confrontarsi con se stessa, con i propri fallimenti, con le paure, con le relazioni con la propria madre, in quanto figlia, e con quelle con i suoi figli, in quanto genitrice.
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