È l’unica prospettiva di lavoro e quindi di vita. È un mostro sorpassato dai
tempi. È una grande impresa italiana. È uno scandalo nazionale. È l’Ilva: fin
dalla fondazione un’azienda considerata strategica per il nostro Paese,
un’industria siderurgica con alle spalle quasi settant’anni di storia. Ma che ha
visto tragedie come quella di Francesco Zaccaria, finito in mare con la cabina
della sua gru durante una tempesta; e quella di Alessandro Morricella,
consumato vivo da una colata incandescente; e molte altre.
Periodicamente,
singoli eventi emergono nella cronaca: contaminazione ambientale, malattie,
vittime sul lavoro.
Ma dietro le notizie e le vicissitudini giudiziarie si staglia, più vasta e
apparentemente senza fine, la maledizione di un’intera città, Taranto bella,
avvelenata e impaurita, Taranto che si chiude in casa nei «Wind Days».
A
ciascuno il suo dramma, per ciascuno la stessa domanda: come cambiare il
corso di questa storia? Valentina Petrini è cresciuta proprio a Taranto, in un
quartiere operaio a ridosso dell’Ilva dove le polveri si posano sui balconi delle
case e sui giochi dei bambini. Si è trasferita a Roma per costruire una carriera.
Torna sui luoghi della sua infanzia per fare i conti con il grande racconto nero
dell’Ilva.
Lo compone in queste pagine con sensibilità e con forza, parlando con i
testimoni e i parenti delle vittime, interpellando professionisti e istituzioni,
seguendo i dibattimenti in aula, interrogando il suo stesso passato.
E scrive un
libro necessario, intenso e vivo, dopo il quale non sarà più possibile dire «non
sapevo».
Vi lasciamo con questa riflessione
Come si conciliano progresso tecnologico e sostenibilità ambientale, come si fa senza acciaio? Cosa significa transizione ecologica, ora che questa espressione va di moda tra i governi di nuova generazione? C'è una percentuale di popolazione sacrificabile in nome di interessi economici? E se si, come si calcola? E chi deve calcolarla? Chi deve sacrificarsi?
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